La Coltivazione dello “Zafferano delle Colline Fiorentine”        
 

Lo zafferano (Crocus Sativus L.) è una specie triploide incapace di riprodursi per seme. La sua sopravvivenza può avvenire solo mediante certi organi sotterranei di riserva i bulbo tuberi.

Per questo la conservazione e la diffusione della specie dipende unicamente dall’uomo. Nonostante tali difficoltà lo zafferano, fin dalle prime coltivazioni del XV-XVI  secolo a.C. dell’area mediterranea dove ha avuto origine, ha trovato ampia espansione in numerosi paesi dei continenti asiatico, europeo ed africano.

La propagazione agamica della specie assicura una grande omogeneità della progenie, ma in realtà, nelle differenti aree di coltivazione, in seguito a mutazioni somatiche ed alla pressione dei fattori ambientali, si sarebbero spontaneamente formati e quindi selezionati alcuni morfotipi e chemiotipi, tutti comunque riconducibili alla stessa unità tassonomica. Certe differenze che si riscontrano nel prodotto finito proveniente dalle differenti aree di coltivazione sono però riconducibili a fattori di tecnica colturale e di condizionamento della droga. Abbiamo tuttavia elementi per affermare che la variabilità del  tipo coltivato nei nostri ambienti è estremamente modesta e fino ad ora non ha consentito di rilevare differenze chiaramente apprezzabili.

Lo zafferano trova in provincia di Firenze ambienti perfettamente idonei alla sua coltivazione. Ricorderemmo che la specie, nonostante il suo carattere perennante, presenta un ritmo vegetativo scandito da un ciclo climatico tipicamente mediterraneo. Entra infatti in fioritura in coincidenza delle prime piogge autunnali, sviluppa la sua vegetazione nel periodo invernale e primaverile ed entra in riposo, seccando l’apparato fogliare e sopravvivendo sotto terra come bulbo-tubero, nel periodo estivo più caldo e siccitoso.

Il confronto tra le condizioni climatiche e pedologiche del territorio fiorentino con quelle dell’areale di coltivazione può meglio chiarite tale idoneità.

Nelle principali aree di coltura la temperatura media annua oscilla tra i 12,5  °C di Kozani (Macedonia) e i 16-18  °C della Spagna e della Sardegna. Le temperature medie delle minime invernali variano normalmente tra i 2-5  °C della Macedonia e i 10  °C della Sardegna. Minore importanza rivestono le temperature estive. Queste, infatti, possono essere anche molto elevate, perché lo zafferano trascorre il periodo in stato di quiescenza.A questi livelli termici fa eccezione l’Abruzzo (Navelli), dove la media annuale si colloca tra 11 e 12  °C e la media delle minime invernali supera di poco i 2  °C.

Durante l’inverno la pianta, pur trovandosi in piena vegetazione, sopporta bene anche la neve, ma se la temperatura del suolo scende  a 10-12  °C sotto lo zero i bulbo-tuberi possono spaccarsi e marcire. In modo particolare sono da temere  le brinate autunnali, le nevicate precoci e le primavere calde e umide che favoriscono l’aggressione devastante dei patogeni fungini. La coltivazione annuale, messa in atto fin dal XVI secolo dagli agricoltori dell’Aquilano, consente il limitare del diffondersi di questi patogeni. Forse è proprio questa tecnica che ha consentito la sopravvivenza della coltura in quella regione.

La provincia di Firenze è caratterizzata da un largo spettro di profili climatici, sia per la conformazione collinare e montana, sia per la distribuzione e l’orientamento dei suoi bacini idrografici. Per formulare un giudizio sulle condizioni climatiche dell’area fiorentina con le altre aree di coltura dello zafferano potremo far riferimento ai dati rilevati dall’Osservatorio Ximeniano di Firenze. Su queste basi potremo ritenere che le temperature medie annuali delle aree di coltivazione della provincia oscillino sui 14-15  °C e la media delle minime dei mesi invernali sui 2-5  °C. La media del mese più freddo dovrebbe oscillare attorno a circa 4  °C. Il mese più caldo è senz'altro il luglio, con media delle massime superiore ai 30  °C ma ciò, come abbiamo visto, non ha alcun per sulla coltura.

Nelle differenti aree di coltivazione la distribuzione delle precipitazioni assume caratteri tipicamente mediterranei con un minimo accentuato nel periodo estivo. Il volume annuale delle precipitazioni varia, comunque, tra i 400 mm della Spagna e gli 850 dell’Abruzzo (Navelli). Anche in provincia di Firenze, nonostante il carattere subcontinentale del clima, la distribuzione delle piogge è di tipo mediterraneo, con minimo pluviometrici che si riscontrano nel periodo estivo, proprio in coincidenza con il periodo di riposo della pianta. L’altezza annuale delle precipitazioni, che varia notevolmente di anno in anno ed anche in rapporto all’orografia, all’esposizione, ecc., può oscillare nei valori estremi tra i 530 e i 1150 mm, con medie attorno ai 700-800 mm. Lo zafferano non sopporta le terre umide, asfittiche e pesanti, ma gradisce suoli permeabili e sani, ossia assistiti da una adeguata regimazione idraulico-agraria. Viene infatti coltivato su terreni franco-limosi o limoso argillosi come quelli della Sardegna e della Spagna, sulle sabbie delle formazioni plioceniche come a San Gimignano o su terre argillose ben strutturate provenienti da formazioni calcaree come in Abruzzo. Gradisce insomma suoli a pH alcalino o sub-alcalino, ben strutturati o per lo meno dotati di un buon drenaggio naturale e mediamente provvisti di elementi della fertilità.

 

Nel panorama pedologico della provincia di Firenze risultano largamente diffusi  suoli sui quali lo zafferano trova condizioni adatte alla sua coltivazione. Sono ad esempio estesi i suoli che si originano da formazioni costituite da argilloscisti (galestri) intercalati con strati di calcare alberese, oppure con arenarie a cemento calcareo. Tali formazioni fanno parte di una serie comprensiva che dal Cretaceo giunge fino all’Eocene superiore (falda delle Liguridi). Questi suoli, provvisti di discrete quantità di Ca CO3  , sono permeabili  ed hanno una reazione neutra o sub-alcalina. Si ritrovano nel settore settentrionale e centrale della provincia, nell’alta valle del Mugnone  e più a sud verso San Donato, Poggio ai Mandorli fino a Greve e da qui intorno al colle di Panzano.

Per un accumulo dell’elemento calcareo a queste formazioni fanno seguito calcari marnosi più o meno compatti che chiudono la serie della falda liguride. I terreni che si sono formati su questi depositi eocenici, come quelli di Monte Morello, di Pontassieve, di Monte Pilli, ecc. sono generalmente argillosi, di colore bruno o bruno-giallastro, sono ottimamente strutturati e permeabili, hanno pH alcalino o subalcalino e sono dotati di proprietà chimiche e fisiche strettamente dipendenti dal fattore morfologico.

Anche i terreni che si sono formati su depositi conglomerati del Miocene, del Pliocene e del Villafranchiano-Mindeliano, come quelli che si incontrano a Bagno a Ripoli, nel Valdarno, ecc. presentano caratteristiche fisiche e chimiche che li rendono perfettamente idonei alla coltura.

L’ambiente climatico e pedologico della provincia si presta dunque alla coltura e non presenta caratteri che possano far temere l’insorgere di problemi d’ordine fitosanitario. Gli accorgimenti per una buona tecnica colturale e soprattutto quelli per una perfetta regimazione delle acque superficiali fanno ormai parte del bagaglio di conoscenze degli agricoltori che si dedicano alla coltivazione.

                                         

In conclusione, potremo confermare l’opportunità di riconoscere l’idoneità del territorio fiorentino ad una produzione qualificata di zafferano.      

Il sistema di coltivazione e di essiccamento dello “Zafferano delle Colline fiorentine – Zima di Firenze”   adotta le seguenti pratiche colturali,  in uso tradizionalmente nel territorio fiorentino. 

La coltivazione dovrà esser praticata in quei terreni posti ad un’altitudine compresa tra i 300 e i 500 m s.l.m. I terreni atti alla coltivazione sono quelli prevalentemente collinari e di orientamento adatti, ovvero ben soleggiati, terreni costituiti in prevalenza da substrati arenai, calcareo-marnosi, di scisti argillosi e di sabbia, in genere di media consistenza e permeabili. 

La preparazione del terreno prevede una leggera aratura ad un profondità media tra i 25 ed i 30 cm, con affinamento e livellamento del terreno. Vengono preparate delle aiuole con solchi alla distanza di circa 10/15 cm sulla fila e 20/25 cm sull’interfila. I bulbo tuberi, esenti da ogni tipo di attacco parassitario e   della dimensione superiore ai 2 cm vengono posti sulla fila ed interrati  nel terreno tra i 4 e i 10 cm nel periodo che va dalla seconda decade  di Agosto ai primi di Settembre, con l’apice vegetativo rivolto verso l’alto.  La resa massima per ettaro  di uno zafferaneto è di 80 qt di fiori freschi, pari a 60 kg di stigmi da essiccare.

Dopo l’interramento dei bulbi vengono effettuate semplici operazioni colturali di rincalzatura e zappatura ed è consentita l’irrigazione in caso di stress idrico della pianta nel periodo dal 1 Giugno al 15 Settembre .  A metà Ottobre inizia la fioritura che si protrae per circa 20/30 giorni in funzione  delle condizioni climatiche. I fiori sono raccolti  manualmente e portati successivamente in locali per la sfioritura , ovvero nella separazione degli stimmi dal calice.

Gli stimmi sono raccolti in contenitori tali da preservarli dalla luce e dalla umidità e posti ad essiccazione (tostatura) a fuoco diretto   nelle vicinanze  di un camino, stufa a legno per circa  15/20 minuti oppure con altre forme di riscaldamento ( forni  a ventilazione forzata)   per giungere alle stesse caratteristiche organolettiche e chimico fisiche. Conclusa l’essiccazione i filamenti ( stimmi) sono conservati in contenitori che li preservino dall’umidità, dalla luce e da ogni interferenza esterna che ne alteri le qualità organolettiche e non deve contenere alcun conservante.

Il prodotto deve esser posto in vendita in bustine di carta, plastica trasparente e non per uso alimentare  o contenitori in vetro, ceramica, cotto  o altro materiale nobile purché risponda alle vigenti normative comunitarie in materia di confezionamento dei prodotti alimentari deperibili.